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La stregoneria nell’orto: l’equiseto

equiseto
Equisetum arverse L.

Non datele solo dell’infestante, è ingiusto; merita, quest’erbacea dalla capigliatura ribelle, quasi bizzarra, nomea più felice.

Onore volgiamo alla tenacia del sopravvissuto, è pianta primordiale, frammento di un mondo antichissimo, apparsa sul nostro pianeta moltissimo tempo fa; connota questo, il suo aspetto singolare, longevità. È un fossile vivente scampato all’estinzione, tra i pochi testimoni dell’evoluzione umana.

La caccia al tesoro inizia d’estate, la bella stagione è il momento giusto per farne scorta; queste le coordinate: acquitrini, fossati, bordi della strada e margini dei campi. L’EQUISETO prolifera copiosamente laddove il ristagnar dell’acqua abbonda, è indice di un suolo con scarso potere drenante.

Di getto non estirpatelo, concedetevi un po’ di tempo, non abbiate fretta, osservatelo, esaminatelo, toccatelo, sentirete tra le dita la consistenza vetrosa dei rami, scabrosa al tatto, caratteristica dovuta all’alto contenuto di silice.

Le gracili ramificazioni aghiformi, impropriamente chiamate foglie, sono localizzate in corrispondenza di un nodo, la loro disposizione in circolo segue quella di una raggiera. È pianta statica, un suo divenire è assente, non produce fiori o semi, non subisce alterazioni di colore il suo aspetto, è un sempreverde.

Nel prelevarlo, prestate attenzione, non sradicate il nerastro rizoma strisciante, sarà sufficiente piegare, esercitando un leggero strappo, il suo non ligneo fusto. Dal quale, in primavera, nasce un altro caule atto alla diffusione della specie, di statura molto più ridotta, la cui conformazione ricorda quella di un asparago.

CODA CAVALLINA è l’altro suo nome, l’appellativo utilizzato dal vulgo contadino. Da essa si ottiene un intruglio giallognolo  miracoloso, validissimo alleato per le nostre colture.

Quella di fare decotti, macerati ed infusi attraverso questa pianta non è pratica recente, essendo questi ultimi utilizzati sin dalla notte dei tempi, è solo cresciuto il loro impiego. Ha fortemente contribuito a ciò, anche la diffusione online del sapere, digitando infatti sulla barra di Google la parola EQUISETO, seguita dai termini succitati, vengono visualizzati più di 10.000 risultati.

Un bravo orticoltore del bio, esimersi non può dal suo utilizzo.

Il mio consiglio: IRRORATE, IRRORATE ed ancora IRRORATE le vostre piante con questa prodigiosa sostanza, fatelo preventivamente, giocate d’anticipo, dietro quelli che sembrano innocui segnali di sofferenza, potrebbe già celarsi un danno irreparabile.

L’impiego abituale sulle nostre colture, per l’alto contenuto di silice e sali solforici, ostacola l’insorgere di molte malattie fungine (ruggine, mal bianco, monilia, peronospora, botrite) e la proliferazione di diversi parassiti (afidi, cocciniglia, ragnetto rosso); la sua efficacia non si esaurisce nella sola funzione repellente, è un ottimo concime, nutre e stimola la crescita, rinforza la cuticola fogliare.

Prendete carta e penna, in rassegna le ricette che vi permetteranno di preparare decotti, macerati ed infusi.

Per il decotto occorre mettere a bagno l’EQUISETO per 24 ore, 500 gr. se fresco, 75 gr. se secco, in 5 litri d’acqua; successivamente si farà bollire il tutto a fuoco lento per mezz’ora; dopo averla fatta raffreddare, la mistura dovrà essere filtrata e diluita in acqua, seguendo un rapporto di 1:5.

Il macerato e l’infuso si preparano impiegando le stesse quantità e proporzioni del decotto, ma per il primo si lascia fermentare fino a quando la tipica schiuma che produce non sarà più presente; per il secondo si versa l’acqua calda sulla pianta e si lascia riposare per qualche minuto.

Buon lavoro!

 

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