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I laghi della Sila: Ampollino, il lago pilota

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La storia dei laghi della Sila e della costruzione delle dighe. Una storia avvincente e per certi aspetti anche drammatica, fatta di uomini che con enormi sacrifici hanno reso possibile la costruzione di dighe, sbarramenti, canali e gallerie sotterranee per sfruttare il bene più prezioso che abbiamo in natura: l’acqua.

Le pagine sono tratte da 5 articoli apparsi sul “Nuovo corriere della Sila” nel corso del 2009 e che il Direttore Saverio Basile, che ringraziamo, ci ha concesso la pubblicazione.

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Ampollino, il lago pilota

di Michele Belcastro

LagoAmpollino

La Sila, nei primi trent’anni del secolo scorso subì sul suo territorio una radicale trasformazione: le sue dolci valli e le sue pendici solitarie, furono animate dalla vita intensa dei cantieri che trasformarono quelle distese paludose in laghi di preziosa bellezza, imprigionandovi le acque che scendevano dalle montagne, facendole poi defluire alle turbine rombanti, rinnovando in ogni istante, il miracolo della generazione dell’energia elettrica.
I laghi Arvo ed Ampollino, i primi due invasi costruiti sull’altopiano, sono come due gemelli, uniti da un invisibile cordone ombelicale.
L’Arvo infatti, trovandosi ad un’altezza sul livello del mare superiore di otto metri rispetto all’Ampollino, riversa le sue acque, con sbocco in località Pentecane,a mezzo di una galleria forzata lunga 6300 metricon una portata max di 10 mc/sec.
Dei due laghi l’Ampollino è il lago pilota. Ciò significa che immagazzina tutte le acque e su richiesta le distribuisce alle centrali generatrici ubicate a valle: Orichella, Timpagrande, Calusia. Una grande conca, con un fondo pianeggiante di circa 8 Km su cui serpeggiava impaludandosi il corso del vecchio fiume, così si presentava la grande vallata ai tecnici della Società per le forze idrauliche della Sila, nel primo anno dell’era fascista.
Lo sbarramento creato sulla stretta di Trepidò alto 38 metri, del tipo a gravità, con una pianta arcuata, consentì di creare un serbatoio capace di contenere 67 milioni di mc d’acqua (in totale con l’Arvo 130 milioni).
I lavori vennero completati nel 1927. Questo lago oltre ad immagazzinare le acque discendenti dal proprio bacino imbrifero naturale, accoglie nel suo grembo anche quelle del lago Arvo, del Savuto e del Tacina, convogliate artificialmente mediante gallerie e canalizzazioni.
Sulle acque provenienti dall’Arvo abbiamo già detto. Le acque del laghetto del Savuto (un milione di mc circa), essendo geograficamente ad un livello inferiore rispetto all’Ampollino vengono prima sollevate ad un’altezza di 140 m, a mezzo di una centrale di pompaggio con condotta forzata e poi tramite un canale all’aperto fatte defluire nel bacino pilota.
Le acque del Tacina invece, che provengono da molto lontano, vengono captate con una presa a ridosso del Gariglione e tramite una galleria a pelo libeo, lunga 5 Km fatte defluire in località Brigante, nei pressi del Villaggio Palumbo.
La presa del Tacina entrò in servizio il 1938. Il laghetto e la centrale del Savuto nel 1939.
Per quanto riguarda le centrali ubicate a valle dell’Ampollino: abbiamo Orichella, in comune di San Giovanni in Fiore, che ha un salto utile di 470 m e una potenza efficiente installata di 130 MW con una portata d’acqua max di 35 mc/sec. Le sue acque vengono restituite in un bacino di modulazione di 200 mila mc dove a mezzo galleria affluiscono pure le acque dei fiumi Neto e Arvo, captate con la presa delle Junture (sotto San Giovanni in Fiore), mediante una galleria a pelo libero lunga 5 Km e con una portata max di 15 mc/sec. Affluiscono pure in questo bacino le acque del laghetto di Migliarite con altri 250 mila mc. Da questo bacino di modulazione, le acque vengono convogliate in una condotta forzata e con un salto utile di 540 m alimentano il secondo salto, la centrale di Timpagrande (costruita in caverna dopo l’alluvione del 1973). Timpagrande è la più importante delle tre centrali, con una potenza massima di 190 MW e una portata max di acqua di 45 mc/sec. Orichella entrò in servizio il 1929. Timpagrande nell’autunno del 1927. Il terzo ed ultimo salto, quello di Calusia, con un salto molto ridotto di appena 144 m, sfrutta tutta la massa d’acqua proveniente dal secondo salto oltre i residui del prosieguo del fiume Neto. La sua potenza max installata è di 50 MW ed entrò in servizio intorno al 1931.
A cavallo degli anni 1980/90, gli impianti silani sono stati tutti rinnovati, portando così la produzione da 168 a 404 MW.
Fin qui l’acqua è servita a produrre energia elettrica, d’ora in poi servirà anche per lo sviluppo dell’agricoltura. A valle dell’ultima centrale infatti, è stato creato di recente un laghetto, che in pieno regime può contenere 900 mila mc d’acqua che serviranno per irrigare i campi coltivati nella Bassa Valle del Neto oltre che a fornire acque potabili alle popolazioni che si affacciano sull’wx Marchesato.

Articolo apparso su “il nuovo corriere della Sila“, 5 Agosto 2009

 

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